giovedì 10 febbraio 2011

I ricordi spesso fanno mancar l'aria .

Non mi va di svelare il mio nome, credo che non abbia neanche più di tanto senso.
Lascio a voi il "privilegio" di assegnarmelo o meglio immaginarlo.

Ho deciso di creare questo blog per esprimere le mie emozioni, per poterle condividere con voi, per lasciar uscire di bocca parole che non so neppure chi leggerà.
Magari in tanti, forse nessuno.
Lo faccio però, lo faccio perchè credo nelle passioni, nelle continue lotte per quello che amiamo, perchè credo che se qualcosa costa fatica, tanto più vogliamo ottenerla.
Perlomeno io sono così, sono testarda, forse troppo.

Ho iniziato a montare a cavallo poco tempo fa, ho smesso di montare a cavallo tanto tempo fa.

Che significa ? .
Significa molto, significa che il mio amore per i cavalli, il mio amore per questi animali "dagli occhi parlanti" dura da una vita, più o meno da quando sono nata, perchè mio padre, fin da piccola, mi ha trasmesso l'enorme dono di amarli.
Lui aveva un cavallo, lui ha perso un cavallo e non ne ha voluto più sapere.
Io avevo un cavallo, io ho perso un cavallo e non ne ho voluto più sapere.
Ma forse qualcosa è cambiato.

A quattro anni si crede che il papà è l'eroe, è la persona più forte del mondo, la persona che ha sempre ragione.
La prima volta che ho visto la cavalla del mio papà non me la ricordo per niente, ma è stata molto presto.
Una lunga criniera folta, spesso piena di treccine che la mamma si divertiva a farle.
Io ci attaccavo in mezzo qualche fiocchetto rosso e quanto mi divertivo ! .
Era la nostra cavalla, la mia cavalla e nessuno me l'avrebbe portata via.
Perchè non poteva essercene ragione e non ce n'era.
Ma quel giorno è arrivato.
Io, non riuscivo a concepirlo, ho odiato mio padre, ma mai ho pianto davanti a lui.
Ero grande dentro, ero grande nel profondo.
Non lo vedevo soffrire, ma sapevo che soffriva molto.
Il mio cavallo stava male e presto sarebbe morto.
Mi chiedevo perchè non voleva che morisse in casa, ma l'avesse venduto.
Non capivo perchè e per me non esisteva neppure.

Il pensiero che può morire una persona a cui tieni, per un attimo non ti permette di respirare, cerchi di sviare via dal discorso, cerchi di farlo decadere.
Ma spesso non ce la fai.
Lei non era una persona, era il mio animale.
Il mio compagno di giochi, perchè lei sì, lei giocava con me.
Era speciale.
Un giorno io e mio padre, poco dopo "l'abbandono" siamo andati a trovarla, ci siamo avvicinati per accarezzarla e lei non ci ha riconosciuto.
Ci siamo avvicinati e lei andava sempre più indietro.
Forse l'abbiamo così delusa, che per poter morire tranquilla ha bruciato i ricordi con noi.
Ha fatto bene, anche se io in quel momento ho vissuto un grande trauma,
ho in mente tutto e mai lo scorderò.

Ho immaginato un cimitero per cavalli, pieno di fiori in un campo enorme kilometri, dove tutte le loro anime avrebbero potuto continuare a galoppare per ettari ed ettari.
Immaginavo che l'avrei rincontrata quella cavalla, la mia cavallina dolce.
E immagino tutt'ora che la rincontrerò, magari nei sogni mi apparirà e guardando i suoi occhi capirò che non si è mai dimenticata di noi, di me che l'amavo e che grazie a lei ho capito che vivrò la mia vita con il vento contro il viso, con due anime in una sola, con due occhi contro due occhi, in groppa ad un cavallo.

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